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Pro Scamandro 

 

 

Anno 74 

 

Difesa del liberto Scamandro a Roma in un processo per veneficio. Dell’orazione restano solo testimonianze: Clu. 47; 49-55.

 

Edizioni: SCHOELL (T) C 28; PUCCIONI (CSC) D 3; BELLARDI (UT) 1, 1308; CRAWFORD 1984, n°4.

 

Cf. FRIEDRICH 1884, IX; CUCHEVAL 1901, 1, 79 n. 1; 2, 281; GRANRUD 1913 n° 129; DG 5, 270; CIACERI 1, 44-45; BARDON 1952, 202, 3 A25; BÜCHNER 1964, 115; GELZER 1969, 30 (=RE 840); KUMANIECKI 1972, 115; MITCHELL 1, 102; FUHRMANN 76; ALEXANDER 1990, n° 147; ALEXANDER 2002, 178-179; MARINONE a. 74 B2.

 

 

-Cicerone, dietro richiesta degli abitanti di Aletrium, presso Arpino, difende Scamandro, liberto del loro concittadino C. Fabrizio [RE n° 2], dall’accusa sostenuta da P. Cannuzio di aver tentato di avvelenare Aulo Cluenzio Abito (lex Cornelia de sicariis et veneficis); C. Giunio è iudex quaestionis. Scamandro è condannato. 

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-MARINONE a. 74 B2 n. 1: Cicerone è difensore solo in questo dei tre processi celebrati davanti al tribunale presieduto da C. Giunio in cui sono condannati Scamandro, il suo patrono C. Fabrizio, il loro mandatario Stazio Albio Oppianico, imputati di veneficio nella persona di Aulo Cluenzio Abito, figliastro di Oppianico. Cicerone denuncia l’intera faccenda come un grosso scandalo giudiziario (Caec. 29-30; Ver. I, 29. 38-39), ma poi attenua alquanto il suo giudizio nell’anno 66 quando difende Cluenzio (Clu. 103-104).

 

 

-CRAWFORD 1984, 40: Cicerone non pubblica l’orazione perché il processo si conclude con la condanna. 

 

 

 

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